venerdì 9 ottobre 2009

Premio nobel per l'APPEASEMENT

Toglie i fondi delle organizzazioni che clandestinamente tentano di documentare le violazioni dei diritti umani in Iran,(come all' Iran Human Rights Documentation Center) si rifiuta di incontrare il Dalai Lama, per non "irritare" la Cina, mentre Bush gli aveva conferito la "Congressional Gold Medal" la più alta onorificenza civile americana.

Obama non ha condannato come doveva la repressione in Iran, non ha supportato le proteste. nè economicamente ne moralmente, ha solo espresso "apprensione".

sabato 19 settembre 2009

Ban Ki-Moon se ne frega dei diritti umani

Il segretario dell'ONU va in Cina e Mongolia a parlare di libertà di espressione? Democrazia? Diritti Umani? No, di clima...

http://america24.it/content/ban-ki-moon-viaggio-cina-e-mongolia-questa-settimana

mercoledì 9 settembre 2009

"Io, in fuga dai mullah, vi racconto il vero Iran"

di Marta Allevato - da il Giornale

Trent’anni, grandi ideali e soprattutto non musulmano. Bastano questi pochi requisiti in Iran per diventare vittima di discriminazioni sociali e della persecuzione del regime. Ne sa qualcosa Mahmoud Keyvannia. Ieri, agnostico ingegnere elettronico a Teheran. Oggi, lavapiatti a Milano e «fedele di una sola religione, quella della libertà».

Un anno fa, con un visto di studio, Mahmoud lascia il suo Paese. Presto, però, ne sente la mancanza. I problemi di salute della madre sono il pretesto, lo scorso gennaio, per tornare a casa. Decide di trattenersi fino alle elezioni presidenziali di giugno, quando viene rieletto al potere Ahmadinejad. A Teheran la gente si riversa per le strade. Mai se ne era vista tanta dai tempi della rivolta contro lo scià. «Sentivo che era un momento storico, sono sceso in piazza Vali Asr con i miei amici di sempre, gli stessi con cui avevo fatto attività politica, denunciando i crimini del regime con volantini scritti a mano e distribuiti di nascosto all’università». Ad un tratto Mahmoud vede un basiji avvicinarsi minaccioso, getta via la sua macchina fotografica e cerca di mettersi in salvo. Impossibile. Dietro di lui ne arrivano altri sette: «Mi hanno picchiato con bastoni e manganelli e portato in un posto sconosciuto. Eravamo decine in una stanza, ma nessuno osava parlare. Hanno continuato a picchiarmi e insultarmi per un giorno intero; dopo il rilascio ho avuto il braccio destro paralizzato per due settimane. All’ospedale, però, non potevo andare: sapevamo tutti che la polizia compiva arresti anche tra i feriti ricoverati».

Mahmoud decide, allora, di fuggire definitivamente. Ottiene un reingresso in Italia e ora vive ospite della Fondazione Fratelli San Francesco d’Assisi in attesa di avere risposta alla sua richiesta di asilo politico: «Se tornassi in Iran oggi, mi aspetterebbe quanto meno la tortura». Violenze e frustrazioni non riescono però a farlo desistere dal portare avanti la sua battaglia personale contro il regime islamico. «Ho contatti frequenti con gli amici rimasti a Teheran, ma solo per e-mail o via chat, perché al telefono è troppo pericoloso: vogliono continuare la protesta, stanno organizzando una grande manifestazione per i prossimi giorni. Nessuno vuole Moussavi al potere, semplicemente in questo momento rappresenta il male minore». Allora qual è l’obiettivo dell’Onda verde che da tre mesi dilaga a Teheran? «Abbattere Ahmadinejad, poi Khamenei e tutto l’intero sistema dell’islam di Stato». Dall’Italia, il contributo di Mahmoud a «realizzare il sogno della democrazia» è tutto nei post sul suo blog in farsi (hamhame.blogfa.com) - «oscurato in Iran» - e che un giorno vorrebbe tradurre in italiano «per far conoscere anche qui la verità».

L’Iran di Mahmoud è quello della generazione nata agli albori della Rivoluzione islamica, cresciuta durante il sanguinoso conflitto Iran-Irak, delusa dalle promesse riformiste di Khatami e poi maturata negli anni dell’ascesa al potere del fanatismo di Ahmadinejad. «Siamo una generazione bruciata: essere giovane in Iran è una colpa, perché chiedi libertà, divertimento e cultura. I film che puoi vedere nei cinema di Teheran sono vecchi e tutti censurati. Per una commedia di Hollywood devi rivolgerti al mercato nero. L’assurdità è che è più pericoloso comprare un dvd americano o una birra, che del crack o della cocaina». A riprova dell’ipocrisia che regge l’ideologia religiosa. «Hashish e oppio si trovano facilmente nei parchi della città e con tranquillità se ne fa uso in ogni festa privata, ma il governo non combatte il fenomeno. È come se gli facesse comodo per ucciderci tutti senza sporcarsi le mani».

Per tentare di sopravvivere al sistema repressivo dei mullah - dalla politica, alla religione, al costume sociale - «devi sdoppiare la tua personalità in una pubblica e una privata». Mahmoud lo dice per esperienza: «Ho visto amici convertiti dall’islam al cristianesimo, che per evitare l’impiccagione, nascondevano la croce sotto i vestiti o facevano finta di andare in chiesa solo per interesse culturale, come a un museo. Se passeggi con la tua fidanzata e ti ferma la polizia del buon costume, devi dire che la ragazza è tua cugina, pena il carcere. Se vuoi cercare lavoro in un ufficio pubblico, iscriverti all’università o ottenere un passaporto devi professarti musulmano, altrimenti per loro sei un nulla da eliminare».
Mahmoud rischia molto, ma parla a volto scoperto: «Ho scelto di non vivere più sotto la menzogna e la paura e ora non voglio tornare indietro».



http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=380481

http://hamhame.blogfa.com/post-201.aspx

domenica 5 luglio 2009

Ma il fotovoltaico di notte funziona?

Minuto 2:45


ma il fotovoltaico di notte non funziona???
ma l'eolico, senza vento?
ma il nucleare senza uranio?
il geotermico senza la Terra?

Lilly Gruber, laureata CEPU

sabato 4 luglio 2009

Dichiarazione di indipendenza - 4 luglio 1776

"Quando nel corso degli umani eventi si rende necessario ad un popolo sciogliere i vincoli politici che lo avevano legato ad un altro ed assumere tra le altre potenze della terra quel posto distinto ed eguale cui ha diritto per Legge naturale e divina, un giusto rispetto per le opinioni dell'umanità richiede che esso renda note le cause che lo costringono a tale secessione.

Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità.

La Prudenza, anzi, imporrà che i Governi fondati da lungo tempo non andrebbero cambiati per motivi futili e transitori; e di conseguenza ogni esperienza ha dimostrato che l'umanità è più disposta a soffrire, finché i mali sono sopportabili, che a cercare giustizia abolendo le forme alle quali sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di usurpazioni, che perseguono invariabilmente lo stesso obiettivo, evince il disegno di ridurre il popolo a sottomettersi a un dispotismo assoluto, è il loro diritto, è il loro dovere, rovesciare tale governo e affidare la loro sicurezza futura a dei nuovi Guardiani."

lunedì 22 giugno 2009

Il Foglio di oggi, speciale sull'Iran. Da comprare

Oggi, in via straordinaria, la tradizionale copia (rosa) del lunedì è quasi interamente dedicata, anzichè agli articoli più importanti della settimana, ad articoli sulla situazione in Iran

Articoli di
Carlo Panella "A Tehran Khamenei ha smesso di essere la voce in terra di Dio"
Michael Ledeen"L'Iran libero nasce nel sangue"
Christian Rocca "Dopo il balbettio, Obama ora pensa aun cambio di strategia"
Giuliano Ferrara "Una missione impossibile, speosare la democrazia con la sharia"


il costo è lo stesso (1,30€)

sabato 20 giugno 2009

Non si può morire così

Non riesco a trovare le parole.

http://www.youtube.com/watch?v=tE8kE7k5fI0

twitter iraniano "ascolto Barack Obama non dice nulla di noi"

«Mio fratello colpito, io bastonato, non so nulla di mia figlia»


di Gian Micalessin


Jadi lo perdo alle 16.10. Lo tallono da prima delle elezioni. Inutilmente. «Interviste? Telefonate? No, troppo pericoloso». L’ultimo saluto è per la nazionale di calcio iraniana. «Viva i nostri coraggiosi giocatori: oggi contro la Corea hanno messo il braccialetto Verde Bravi!» . Un attimo e anche Jadi precipita nell’abisso buio, nella foiba elettronica riservata dal regime a internet, sms e telefoni. Resta solo la sua foto di studente capellone in maglietta grigia e sguardo trasognato. Ma la sua anima digitale forse sopravvive, forse si trascina anonima nella risacca dell’ultima spiaggia dei «twitter» iraniani. Si chiama Open Iran, ha aperto da 24 ore e una nota avverte: «Questo non è l’indirizzo di un solo utilizzatore chiunque può usarlo con un Url segreto». Siamo nella prima linea della resistenza elettronica, nell’ultima trincea della guerriglia cibernetica. Chissà cosa ne pensano Evan Williams anni e Biz Stones. Tre anni fa, quando s’inventarono Twitter, pensavano solo a far soldi sfruttando il cazzeggio di universitari e liceali americani. Un cazzeggio da 140 caratteri capace di rimbalzare da internet al telefonino e garantire l’anonimato. L’han pensata bene. Twitter a differenza di Facebook, social network e siti internet dove emergono foto e filmati della rivolta di Teheran, è l’unico a garantire una linea continua e sicura con la protesta. Non a caso martedì, per evitare un aggiornamento del sito capace di togliere la voce all’opposizione iraniana, è sceso in campo persino il dipartimento di Stato di Washington.
Così grazie a Twitter e al suo angolo di Open Iran alle 17.43 riceviamo anche noi il messaggio che rassicura tutti: «Moussavi sta bene, non credete alle voci, non gli hanno sparato». A quel punto siamo in strada. I messaggi più importanti li firma Iran Election, un Twitter già sbarrato che rigira tutto su Open Iran: «La dimostrazione è in corso, alcuni capi riformisti già arrestati, muovetevi in grossi gruppi, cambiate zona se vi seguono». Un minuto dopo il ritrovo. «Due milioni di persone in piazza Haft Tir. Gli striscioni scrivono “Il mio silenzio è più forte dei vostri manganelli”». Poi la rassicurazione. «I dimostranti sono tranquilli, probabilmente perché i Basiji sembrano calmi... tra la polizia qualcuno indossa roba verde (il colore simbolo della protesta ndr)». Subito due messaggi di conferma. «Un poliziotto con una sciarpa verde mi ha sorriso». Open Iran ci aggiunge «non confermato». Ma la voce corre. «Ci sono segnali... tra polizia e basiji parecchia gente è con noi». Alle 19 l’indiscrezione: «Tra i basiji ci sono molte diserzioni, i contatti dei mullah che ci appoggiano funzionano».
Altre voci parlano di strani poliziotti che parlano arabo. Da dove vengono? Il sospetto balena alle 19.30. «Non sappiamo da dove saltino fuori questi stranieri, ma senza dubbio sono in Iran». Il sospetto corre ai miliziani libanesi di Hezbollah. Sono in strada a fianco degli amici pasdaran? Nessuno si prende la responsabilità di confermarlo. Intanto gli studenti sono in allarme. «Attenti, i basiji stanno muovendo verso l’università, se siete lì squagliatevela». ProtesterHelp avverte: «Usate le strade dell’uscita est». ProtesterHelp ricorda anche le minacce dei pasdaran a chiunque diffonda notizie o immagini su internet e la promessa di trascinare in tribunale chi collabora dall’estero.
«I nostri centri di difesa elettronica - avvisano i Guardiani della Rivoluzione - perseguiteranno chi fa propaganda, provoca disordini o diffonde dicerie... prenderemo misure pesantissime misure legali contro chi li aiuta dagli Usa e dal Canada». «Se sopravvivo alle botte chi mi paga l’avvocato», butta lì uno degli studenti in fuga dall’università. La minaccia dei pasdaran accende i sospetti. I siti di Twitter aperti all’improvviso possono essere un trabocchetto per risalire attraverso gli identificativi di internet e dei telefonini agli utilizzatori.
«Non seguite AnonymousInIran, è una trappola per raccogliere gli indirizzi Ip di chi sta in Iran», avverte scrivendoci sopra Scikidus. Poco dopo Oxford Girl lancia un auspicio. «Ehi, la Tv trasmette immagini della manifestazione di Haft Tir, forse qualche ministro e la Tv stanno abbandonando Ahmadinejad» . Alle 21.00 dalla zona università parte un drammatico aggiornamento: «Mio fratello colpito, molte contusioni, io bastonato, non so nulla di mia figlia». Poi un altro urlo: «Tutti fuori dall’università, se potete correte a casa». Su NextRevolution ricompare la paura degli stranieri. «Vedo almeno 20 arabi... con le bandiere di Hamas». Nella notte un po’ di sollievo e tanta tristezza. «Mia figlia è sana e salva, ma ascolto Barack Obama non dice nulla di noi, proprio nulla.... lo stesso nulla di sempre».

venerdì 19 giugno 2009

Iran, una nazione di blogger

martedì 16 giugno 2009

Iran. Secondo "Peacereporter" 5 morti negli scontri




da l'Occidentale

Cinque persone sarebbero morte negli scontri di questi giorni a Teheran: lo riferisce l'agenzia PeaceReporter, che cita fonti anonime locali.

Le vittime - si legge in un comunicato dell'agenzia di informazione vicina a Emergency - "sono due ragazze, Fatemeh Barati e Mobina Ehterami, e tre ragazzi, Kasra Sharafi, Kambiz Shoaei e Mohsen Imani".

La televisione Al Arabiya, due giorni fa, aveva annunciato la morte di tre persone negli scontri con la polizia, ma la notizia non è stata confermata dalle autorità. Fonti dell'opposizione a Teheran hanno riferito poi di non essere a conoscenza di vittime. La tensione intanto non accenna a diminuire e si temono nuovi scontri durante la manifestazione di protesta contro l'esito del voto di venerdì scorso, alla quale partecipa anche il candidato sconfitto Mirhossein Moussavi.

Nel frattempo, i ministri degli esteri della Ue hanno lanciato congiuntamente oggi a Teheran la richiesta di avviare un'indagine sullo svolgimento delle elezioni e rispettare il diritto degli oppositori a manifestare in modo pacifico.

La dichiarazione è stata messa a punto in una riunione dei capi della diplomazia europea a Lussemburgo mentre la Francia decideva di convocare l'ambasciatore iraniano a Parigi per fornire "spiegazioni sugli avvenimenti" e rispondere "ai dubbi espressi sulla regolarità delle elezioni presidenziali". Ma l'Ue non è voluta entrare nel merito del risultato elettorale che, secondo il governo di Teheran, ha confermato la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, ma chiede che siano tenute in considerazione le denunce dell'opposizione sulla presenza di brogli e irregolarità.

"È una questione che le autorità iraniane devono affrontare e investigare", affermano i capi delle diplomazie europee in una dichiarazione congiunta nella quale esprimono anche "seria preoccupazione" per le violenze nelle strade e per l'uso della forza contro i dimostranti pacifici. "È essenziale - dichiarano i ministri - che le aspirazioni del popolo iraniano siano perseguite attraverso mezzi pacifici e che la libertà di espressione sia rispettata".

Il ministro degli esteri Franco Frattini ha rilevato che le linee della dichiarazione dei 27 riprende la posizione espressa già ieri dall'Italia. "Seguiremo con attenzione gli sviluppi relativi alle denunce su irregolarità delle elezioni", ha detto Frattini. "Quello che ci preoccupa è l'esplodere delle violenze nelle strade e nelle piazze". Il ministro degli esteri britannico David Miliband si è detto preoccupato anche per le implicazioni della situazione di instabilità attuale sul rispetto da parte iraniana degli impegni chiesti a Teheran dalla comunità internazionale per fermare l'arricchimento dell'uranio e limitare il suo programma nucleare all'aspetto civico. "Le implicazioni non sono ancora chiare", ha rilevato Miliband. "Ciò che sappiamo è che finora non c'è stata nessuna risposta iraniana alla comunità internazionale, incluso gli Stati Uniti". Il ministro francese Bernard Kouchner ha insistito sulla necessità che "le denunce di frode vengano indagate". "Sono le autorità iraniane che devono farlo", ha però precisato, respingendo per ora l'ipotesi di una inchiesta internazionale.

lunedì 15 giugno 2009

Manifestazione giovani iraniani a Milano

Piazza del Duomo, Milano, a due passi dall'ambasciata iraniana.

Un gruppo di giovani iraniani si sono radunati per manifestare contro il regime.
Delle ragazze, nessuna con il velo

Cartelli con scritto "Siamo noi che ti eliminiamo", riverito ad Ahmadinejad

Dov'è il mio voto? Where is my vote?









La repressione viene in motocicletta/2

domenica 14 giugno 2009

La repressione viene in motocicletta

Pakistano cristiano assassinato perchè cristiano

Ordinare un té nel posto sbagliato

di Giulio Meotti


Immaginate che state percorrendo in autobus una strada nella valle pachistana del Punjab. Vi fermate per una sosta in una locanda lungo la strada. Entrate e ordinate un té. Poi andate a pagare e il proprietario del locale nota che portate la croce al collo, perché siete uno dei tanti cristiani pachistani, come l'ex vescovo di Rochester Michael Nazir-Ali. Il tizio chiama alcuni scagnozzi islamici, vi dicono che all'ingresso del locale c'era una insegna che avvertiva: "Qui serviamo soltanto musulmani". La vostra colpa è aver messo la bocca in una tazza da té riservata ai musulmani. Così iniziano a colpirvi con bastoni e sassi, voi implorate pietà. Morirete poco dopo per le lesioni.

E' successo davvero a un giovane cristiano pachistano, Ishtiaq Masih. Nel frattempo, a Roma, i cardinali se ne stavano asserragliati nei loro palazzi, silenti sul martirio cristiano di ogni giorno. Ieri da Israele mi ha scritto un caro amico, Avner, chiedendomi come fosse possibile che il Vaticano restasse in silenzio mentre accadono simili vicende. Gli ho risposto che per quanto mi riguarda ha ormai più valore la storia di Ishtiaq Masih, il suo chiedere pietà, la sua silhouette minuta con quella crocina di legno al collo, delle tante vuote parole di qualche alto prelato sovrappeso, magari progressista e dagli anelli d'oro.



© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO

Continua la ribellione, continua la repressione

Domenica,
Non si ferma la rabbia del popolo iraniano.
Nuovi scontri nelle piazze.



dal minuto 1:12 si vede una ragazza senza velo "condotta via", forse da un parente?

sabato 13 giugno 2009

Siamo con voi

Solidarietà al popolo iraniano che protesta contro il regime teocratico e terrorista.

Possa la loro lotta avere successo.

Negli scontri, 3 morti.

lunedì 8 giugno 2009

Il rientro dei profughi

C'è chi dice"Israele dovrebbe permettere il rientro dei profughi"
E io "Ma come? Non è quello che sta facendo da più di 60 anni??"

venerdì 5 giugno 2009

Obama ne fa una giusta

In visita al campo di sterminio di Buchenwald, in Germania, insieme ad Angela Merkel e Eli Wiesel

"In una intervista alla Nbc andata in onda prima della sua visita al campo di concentramento, Obama ha affermato che anche il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad dovrebbe visitare Buchenwald. «Non ho pazienza con chi nega la storia. E la storia dell'Olocausto non ha nulla di ipotetico», ha detto Obama del leader di Teheran, che di nuovo questa settimana ha definito il genocidio di sei milioni di ebrei sotto il nazismo «il grande inganno»."

lunedì 25 maggio 2009

Due appunti sul Darfur


"La Coordinazione Darfur è lieta di presentare una storia vera:

" The Devil Came On Horseback "

Un film di Annie Sundberg e Ricki Stern

Prodotto da Break Thru Films production in associazione con Global Grassroots e Three Generations

Versione Italiana.

Info: www.coordinazionedarfur.blogspot.com ; www.thedevilcameonhorseback.com
"




"Trailer del documentario di Raphael Broniatowski (Coordinazione Darfur - Croce Rossa di Padova) sui nuovi flussi migratori dal Darfur, dal Corno d'Africa e da regioni nei Nord del continente verso Israele. Interviste a rifugiati, volontarie di associazioni no profit, un giovane politico israeliano. Montaggio: Cristina Spizzamiglio. Aminazioni e grafica: Elena Dalmasso"

il complotto dei complottisti

Dopo anni di lavoro e ricerche sono giunto ad una conclusione.
utilizzando i loro stessi metodi, dico.

Internet è una cospirazione inventata dai complottisti per diffondere le loro teorie a livello di massa, e convincere tutti delle loro cazzate.

le prove?

non ne ho bisogno, sono un complottista.

domenica 17 maggio 2009

Nuovo libro di Paolo Guzzanti "Il mio agente Sasha"

Volevo scrivere una recensione, ma non credo saprei fare meglio.

Scritto da Elisabetta Setnikar
domenica 17 maggio 2009

Paolo Guzzanti, giornalista, scrittore, conduttore televisivo e vicesegretario del PLI, nel suo ultimo libro – "Il mio agente Sasha" La Russia di Putin e l'Italia di Berlusconi ai tempi della seconda guerra fredda, Aliberti editore –, appena uscito, da attento e profondo analista dalla politica e della storia sia italiana che mondiale – da protagonista, in questo caso –, ci racconta per filo e per segno cosa sta succedendo al tavolo verde della politica internazionale, tra Putin e Berlusconi, tra quello che si dice e quello che accade, quello che si vuol far credere e quello che non si dice. Lo scrive sulla base non di impressioni o sensazioni, ma di documenti e testimonianze inconfutabili degli interessati e dei protagonisti, delle sue esperienze e coinvolgimenti diretti.
Bukovsky, uno dei personaggi di questa storia dice: «sulla verità trionfa sempre la bugia, perché la bugia fabbricata con cura rende ridicola la verità»; ma Guzzanti che della verità è paladino ingaggia con determinazione la sua battaglia contro le menzogne grandi e piccole che soffocano il nostro paese e ci porta, mi verrebbe da dire, là dove "non è permesso andare": e invece ci conduce, in realtà, dove è nostro diritto andare, diritto di cittadini che siano realmente liberi in una nazione realmente libera. Ci conduce lungo il percorso attraverso il quale si è consumato il più clamoroso scandalo del dopoguerra italiano ad opera dei servizi segreti, la vicenda della Commissione Mitrokhin. Proprio quella che è conosciuta da molti in Italia con l'epiteto di «bufala». Hanno cercato di minimizzarla, ridicolizzarla, e quando il gioco non è riuscito più, hanno dovuto uccidere: e tutti noi abbiamo in mente la foto di un Sacha Litvinenko morente in un letto d'ospedale. Ma la verità prima o poi viene a galla.
È una verità che porta molto in alto, ai rapporti fra Italia e Russia così come sono stati interpretati dai due "amici" Putin e Berlusconi, con il secondo indotto a superare ogni remora di tipo politico e ideologico, di fronte alla difficoltà di uscire dal ricatto energetico in cui l'Italia si è cacciata nell'ultimo ventennio, e alla permanenza di opposizioni dure da superare contro una strategia energetica realistica e necessariamente anche nucleare. Paolo Guzzanti ne scrive approfonditamente e senza mezze misure, nella speranza che gli italiani possano comprendere quel che è accaduto negli ultimi anni della nostra storia, come e in quale contesto.
Guzzanti è un uomo solo, che non ama essere omologato e che è avvezzo a vedere contestate continuamente le sue affermazioni: considera queste contestazioni, talvolta formulate in buona fede, più spesso strumentali, come un'occasione per verificare la solidità e la fondatezza delle sue tesi. E a tutti coloro che quasi quotidianamente gli muovono le stesse accuse, come quella di aver lasciato il Pdl perché Berlusconi avrebbe sacrificato la Commissione Mitrokhin, i cui risultati farebbero tremare molti, in nome di un'utile alleanza con Putin al fine di assicurare a noi tutti gas, commesse industriali, un ruolo più pesante in politica estera come "mediatore" con l'Unione europea, risponde sempre e a chiare lettere che la sua decisione di rompere con Berlusconi è stata dettata dalla posizione che questi ha assunto, non tanto quando si dichiarò "amico personale" di Putin, ma piuttosto dopo l'invasione della Georgia da parte della Russia, avvenuta trovando il consenso del leader del Pdl.
Guzzanti ha sempre dichiarato, e questo non è un fatto smentibile, che se Berlusconi avesse fatto realpolitik, avrebbe continuato a criticare Putin, ma non avrebbe lasciato il PdL.
Ma Berlusconi non fa realpolitik.
Se è vero che anche gli altri leader occidentali fanno affari con la Russia e si litigano i mercati energetici sgomitando tra loro quanto più possono per il bene dei loro paesi, è anche vero che questo accade perché l'Unione Europea non è ancora riuscita a coordinare una politica energetica comune.
Stando così le cose se non vuoi mandare in malora il tuo paese devi per forza stare al gioco, ma il problema è che a questo si partecipa solo rispettando una serie di regole (alcune scritte altre no) e a chi non lo fa guadagnando posizioni approfittando degli "spazi di manovra liberi" aggirando le regole, quando se ne presenterà l'occasione, verrà servito un conto molto salato.
Quello che è successo dopo l'invasione della Georgia è che Berlusconi ha allontanato l'Italia dall'Alleanza Atlantica ed ha sfidato gli altri leader europei occupando gli "spazi di manovra liberi"
E' necessario rendersi conto della gravità di questo comportamento di Berlusconi che non ha precedenti nella storia della Repubblica, e nessun altro paese occidentale, nemmeno la Germania, che dipende dalla Russia più di noi, è arrivata a tanto.
Ed ecco i " fatti " non le chiacchiere o ipotesi :
dopo l'invasione della Georgia, Berlusconi, esattamente il giorno prima che l'UE si riunisse per decidere se sanzionare o no la Russia, è andato in Libano ed ha firmato un patto di amicizia redatto nel giro di 24 ore, nel quale l'Italia in palese violazione degli accordi sottoscritti con l'Alleanza Atlantica e con la Nato, si impegnava a non concedere in uso le basi militari presenti sul proprio territorio per attacchi contro la Libia.
48 ore dopo Condoleeza Rice era da Gheddafi
52 ore dopo Cheney era in Italia.
Pochi giorni dopo Berlusconi dichiara a Bruxelles che lo scudo spaziale difensivo americano previsto in Polonia è una provocazione degli Stati Uniti contro la Russia e questa dichiarazione nel linguaggio diplomatico non è da intendersi come un'opinione a titolo personale (sarebbe stata un'opinione se non l'avesse espressa Berlusconi, ma un altro politico italiano).
Dopo che l'Europa aveva deciso di non sanzionare la Russia, ma aveva optato per la sospensione del dialogo, pochi giorni prima che l'UE si riunisse di nuovo per decidere se riprendere i rapporti diplomatici o meno, Berlusconi è volato in Russia ed ha presenziato ad una cerimonia ufficiale, davanti ai media internazionali, e così tutto il mondo veniva a sapere che l'Italia avrebbe stretto accordi commerciali con la Russia per una quantità e volume di affari significativamente superiore rispetto alla media percentuale precedente (in un solo anno aumento del 60%).
Durante la sospensione del dialogo UE-Russia era tacito un accordi tra i leader che, sebbene gli affari commerciali avrebbero continuato a svolgersi regolarmente, nessun leader europeo avrebbe dovuto siglare accordi di partnership con la Russia.
Sempre in questo intervallo di tempo, quando tutti i leader avevano oramai chiaro che in Ossezia non c'era mai stata nessuna emergenza umanitaria, Berlusconi ha dichiarato che, secondo l'Italia, la Russia aveva avuto tutto il diritto di difendere i propri cittadini dall'aggressione della Georgia in Ossezia del Sud, perché Sakhashvili, palesemente alleato degli Usa, Presidente di un paese che è chiaramente l'avamposto degli interessi della comunità occidentale nel Caucaso, è un dittatore spietato che stava commettendo un genocidio di russi.
Tradotto in un linguaggio diplomatico questa dichiarazione significa: l'Italia non riconosce la validità degli impegni sottoscritti al suo ingresso nell'ONU perché ritiene che un paese possa violare la sovranità nazionale di un altro senza prima interpellare l'ONU.
Ora, alla luce di questo fatti, possiamo divertirci a cercare di trovare anche un solo leader europeo che faccia realpolitik quanto noi, che abbia preso posizioni simili a quelle di Berlusconi durante il periodo di sospensione del dialogo con Mosca.
Detto, spiegato e chiarito tutto questo annotiamo che è un Guzzanti sereno ed emozionato quello presentatosi ieri alla fiera del libro del Portello a Torino per presentare questo suo lavoro, atteso da un grande numero di persone, e accompagnato dalla figlia Sabina la quale, seppur in minor misura, è parte in causa anche lei, poiché è testimone della vicenda narrata nel libro.
Era il Natale del 2006, Alexander Litvinenko era morto da poco e il linciaggio mediatico di Scaramella e Guzzanti in pieno svolgimento, quando l'autore una notte ebbe un incubo in seguito al quale si chiese che cosa avrebbero pensato di lui i suoi figli, quale ricordo avrebbero avuto se lui fosse morto in quel momento. Li invitò, quindi, a casa sua e spiegò loro come stessero realmente le cose, le sue idee e le sue battaglie.
Sabina, in seguito, lo intervistò su tutta la storia e le interviste sono tutte sul web e youtube (1 2 3 4 5 6 ). Sempre Sabina è testimone dell'intervista a Bukovskij, poi lo accompagnò anche da Gordievskij che tenne nei suoi confronti (essendosi lei dichiarata comunista) un atteggiamento nel contempo burbero e affettuoso; e andò con lui anche da Boris Volodarskij che ha scritto insieme a Gordievskij il libro Kgb's Poison Factory: From Lenin to Litvinenko - La fabbrica dei veleni, storia degli avvelenamenti avvenuti nell'Unione Sovietica- Russia dai tempi di Lenin fino a Litvinenko (ISBN10 0760337535 - ISBN13 9780760337530 – Il libro sembra essere introvabile, forse in ristampa nel 2010). È poi andata a Londra, ha girato filmati e ha accettato di partecipare a tutto ciò oltre che per affetto nei confronti del padre anche per sua curiosità personale e politica: e se i rapporti tra padre e figlia sono resi difficili dalle diverse posizioni politiche, ciò non ha comunque impedito un dialogo, magari intervallato da lunghi silenzi: Paolo è intervenuto in varie circostanze in difesa della figlia, e questo è stato contraccambiato con la sua partecipazione alla presentazione di questo libro, dove entrambi erano visibilmente emozionati dalla inusuale compresenza e vicinanza in pubblico.
Verità, dunque! Ora a disposizione di tutti, di tutti coloro che amano la libertà, di tutti coloro che non si vogliono schierare a prescindere, che non sono succubi delle ideologie ma amano ragionare. Una verità scritta a chiare lettere da questo giornalista che con passione ed energia persegue il suo ideale senza paura e con determinazione esemplari.
-
Breve (e di scarsa qualità) estratto della presentazione alla fiera del libro di Torino

Un piccolo passo per una donna?


Dopo aver ottenuto il diritto di voto attivo e passivo solo nel 2005, nel Kwait sono state elette le prime 4 parlamentari donne.

Un piccolo tassello nell'emancipazione femminile nel mondo islamico è stato aggiunto.

Sono velate, si, ma sono parlamentari.

http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_17/kuwait_donne_parlamento_27fbfcdc-42e5-11de-94da-00144f02aabc.shtml

martedì 5 maggio 2009

La nuova web tv di Paolo Guzzanti


Sulla Home page del blog www.paologuzzanti.it
Sarà totalmente artigianale, non so che tipo cose ci saranno, ma credo che sarà interessante.
Questo preciso momento ci sono le prove tecniche.


Staremo a vedere.

lunedì 4 maggio 2009

MIGNOTTOCRAZIA

Il punto di vista dell'"editore di riferimento" di Tetris,La7, Paolo Guzzanti, che accusa il premier di una visione politica troppo legata all'immagine

sabato 25 aprile 2009

I signori della morte

La barbarie terrorista colpisce volontariamente i bambini, con giocattoli bomba, uno di questi era stato posizionato vicino ad una scuola elementare femminile. 12 morti.

Il Pakistan scivola lentamente verso il baratro della barbarie talebana, gli attentati aumentano settimana dopo settimana, i talebani avanzano, i governativi indietreggiano
Il territorio da loro controllato arriva a 100 Km dalla capitale Islamabad.

Quando si sveglierà il mondo?

Il 25 aprile lo dobbiamo a loro

Ricordiamo sempre cosa vuole dire la Liberazione.



--
--
--
--

giovedì 23 aprile 2009

Video.La tattica terroristica di Hamas a Gaza

Un video magnifico che spiega molto bene la tattica di Hamas. Come utilizza le infrastrutture civili e gli stessi civili come scudo.

Sarebbe cosa buona e giusta se qualcuno lo traducesse in italiano.


Un importante colpo nella guerra mediatica a favore di Israele.

mercoledì 22 aprile 2009

25 aprile con bandiere USA, il Giornale cita le nostre imprese.


Come avevo scritto l'anno scorso.
"Due (un po' folli) filo-americani che non trovano niente di meglio il 25 aprile che sfilare con le bandiere USA.Ovviamente l'unico modo per farlo al sicuro è andare insieme alla Brigata Ebraica che aveva già una "copertura" di sicurezza."
"Quando in piazza arrivano quelli dei centri sociali, con urla schiamazzi, lacrimogeni e carrozzoni vari , la DIGOS consiglia (ordina) di ammainare e ripiegare le bandiere."
[...]
"L'hanno prossimo giuro, saremo molti di più. "

Il 25 aprile dei centri sociali: «Pioveranno fischi»

Il Giornale, 21 Aprile 2009
Alberto Giannoni


«Partecipate dietro le insegne della Brigata Ebraica, con le bandiere degli Alleati». Sputi, insulti e aggressioni degli anni passati non sono serviti a niente. Gli Amici di Israele e gli esponenti della Comunità ebraica milanese non si sono fatti intimidire, e quest’anno rilanciano con un appello che farà parlare. L’iniziativa la spiega il segretario dell’associazione Amici di Israele, Davide Romano, già presidente dei Giovani ebrei italiani: «La Liberazione è stata anche e innanzitutto opera degli eserciti alleati. Una festa che non ricordi il valore di questo sacrificio sarebbe una festa monca. Allora noi diciamo ai cittadini milanesi, alle associazioni, ai politici: “Venite a sfilare e a festeggiare la Liberazione con noi, riempiamo le strade della città con le bandiere americane e inglesi”».
È dal 2003 che la Comunità ebraica e gli Amici di Israele partecipano alle manifestazioni dietro le insegne della Brigata Ebraica, la formazione militare inquadrata nell’esercito inglese che partecipò alla Liberazione contribuendo ad operazioni importanti. Da allora il loro drappello di manifestanti ha subito contestazioni di ogni tipo, da parte delle frange più estremiste della piazza: centri sociali e autonomi. Costretto addirittura a partecipare alla «festa» accompagnato dalle forze dell’ordine.

Gli ebrei milanesi che partecipano sotto scorta a un corteo che celebra la Liberazione dal Nazifascismo: un bel paradosso. «L’anno scorso - ricorda Romano - le forze dell’ordine, che ringraziamo, hanno addirittura consigliato a uno dei nostri amici[io, NDR] di rimettersi in tasca la bandiera americana che aveva portato con sé». Un altro paradosso, non c’è che dire. «In quel momento abbiamo pensato che, invece di metterle in qualche cassetto, quelle bandiere avremmo dovuto tirarle tutte fuori. E invitiamo i nostri concittadini a fare altrettanto. Anche perché l’omaggio ai cimiteri dei caduti americani e inglesi della Seconda guerra mondiale, se pur giusto, non basta più. La memoria è importante. E deve essere viva». Il candidato del Pdl alla Provincia, Guido Podestà, ha deciso di sfilare con la Brigata Ebraica: «Lo accoglieremo con un abbraccio, oltre che con una stretta di mano», dicono dalla Comunità.

venerdì 17 aprile 2009

L'italia solidale, gli altri no.

(ASCA) - Roma, 17 apr - Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, chiede che anche il governo maltese ''faccia la sua parte'' come l'Italia nel soccorso agli immigrati clandestini nel Mediterraneo. E' stato lo stesso responsabile del Viminale stamane al margine della ''Conferenza panmediterranea sull'immigrazione clandestina e sulla sicurezza delle frontiere esterne'' che si tiene al Polo Tuscolano a Roma, a rivelare che ''i rapporti con Malta non vanno tanto bene, anzi c'e' un contenzioso'' e di aver interessato, per questo, lo stesso commissario Barrht perche' intervenga. ''C'e' oggi un dispositivo - ha spiegato Maroni - che consente a Malta di scaricare sull'Italia le responsabilita' che sono sue nel soccorso degli immigrati.

Finora lo abbiamo fatto ma continuo a chiedere a Malta di assumersi le responsabilita' che ha e che, fino ad oggi, non si sono assunti dopo aver firmato accordi internazionali''.

Maroni ha spiegato che le aree di intervento nel Mediterraneo per il soccorso agli immigrati sono ''ben definite'' ma che alcuni paesi, spesso, non intervengono.

''Noi, invece, lo facciamo, tanto e' vero che nel solo anno passato l'Italia e' intervenuta ben 80 volte in operazioni di soccorso in aree di non competenza per venire in aiuto ai barconi in difficolta' anche perche' le autorita' che lo dovevano fare non sono intervenute. Ho posto la questione a livello europeo - ha concluso il responsabile del Viminale - perche' chi si e' impegnato a fare soccorso in mare poi intervenga veramente, altrimenti si cambino le regole''.

mercoledì 1 aprile 2009

Non è un pesce d'aprile

Barack Obama sorridente con il nuovo primo ministro israeliano del Likud, Benyamin Netanyahu.
Oggi, 1 aprile 2009, uno scherzetto al mondo arabo.

martedì 3 marzo 2009

Fascisti rossi contro libera espressione, Statale Milano/2


Ennesimo esempio di fascismo rosso, e del peggiore.

Dei ragazzi di Azione Universitaria stavano volantinando (autorizzati) all'interno della Statale di Milano, e qualcuno voleva impedirglielo. Ma a differenza di quello che era avvenuto l'anno scorso, dove erano pochi facinorosi esterni, questa volta l'anti-democrazia intollerante è stata "di massa" degli studenti di (estrema) sinistra. Il che è peggio.

Sui giornali si legge che una trentina di autonomi si sono "fronteggiati" con quelli di destra, come se fossero stati due opposti schieramenti speculari. Innanzitutto saranno stati almeno 50 e come ho detto la gran parte erano studenti.

Semplicemente Azione Universitaria voleva una petizione per regolare l'accesso alla facoltà non facendo entrare gli esterni, niente istigazione all'odio razziale o cose del genere. Personalmente non sono d'accordo, perchè è infattibile, inutile e perchè dimentico sempre la tessera a casa.

Ma è legittimo e non ci dovrebbero essere problemi. E invece no, perchè Azione Universitaria non può. Perchè è di destra.

Giusto il tempo di radunare un po' di gente e decine di persone si sono piazzate davanti a urlare "Fuori! fuori!", "fascisti carogne, tornate nelle fogne " e il miglior repertorio anni '70.
Sucessivamente è saltato fuori un coro sul perchè è giusto bruciare le case con dentro i "fascisti.

Le urla erano talmente forti che si sono sentite fino alle aule del 5° piano.

E' arrivata la polizia addirittura in tenuta antisommossa. Secondo me è stato giusto chiamarla, perchè poteva veramente degenerare. A quel punto il repertorio anni '70 si arricchito di cori contro la polizia, anch'essi gridati a squarciagola, con l'odio dentro. Vicino c'era la bacheca di CL, e uno si è messo a strappare gli annunci. Mi sono avvicinato e ho chiesto (con calma) il perchè e mi è stato risposto "ma è di CL!!!", e io "e ti pare un motivo, perchè non strappi anche quelli di sinistra?. " La risposta è stata una via di mezzo fra un insulto e una minaccia."

I cori contro "fascisti e sbirri", sono continuati per un po', ci sono stati qualche tentativo di sfondare il cordone della polizia. Dopo un po' la polizia ha scortato i ragazzi di AU fuori e la cosa si è spenta.

Poi è stato organizzato un mini-corteo di una ventina di persone, che manifestava la sua intenzione di cacciare i "fascisti dall'università".

Il risultato era volantini e fogli qualsiasi sparsi un po' dappertutto sul pavimento e qualcuno un po' bruciacchiato. Stavolta niente sangue.

A quanto dice il rappresentate di Sinistra Universitaria.
sarebbe stata AU a chiamare la polizia, improbabile perchè per quel che ne so devono essere chiamati da qualcuno dell'Università per entrare.Critica la loro incoerenza, perchè con loro ci sarebbero stati esterni. Si lamenta perchè "mi spiace che le immagini di oggi verranno sicuramente utilizzate a scopo politico".

L'AGI riporta la versione dei collettivi che esterni "militanti di estrema destra che avrebbero cercato in qualche modo lo scontro con gli studenti di sinistra". Che gli esterni (se c'erano) fossero di estrema destra non lo so, ma lo scontro era evidente che lo volevano gli altri.

Quindi anzichè condannare l'accaduto si preoccupa del possibile effetto negativo di immagine della sinistra.

Quindi la morale è "se sei di destra non puoi esprimere le tue idee, perchè rischi."

--
« Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo. »
Attribuita a Voltaire

«In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.»

Ennio Flaiano




Viva la democrazia, SEMPRE

martedì 17 febbraio 2009

Con Vinci Matrix sarà migliore

1) Perchè Mentana era meglio al TG, il conduttore non è il suo ruolo.
2) Perchè gli argomenti che sceglieva erano talvolta imbarazzanti.
3) Perchè a mio avviso Mentana è responsabile della diffusione del complottismo di massa,con le sue puntate sui "complotti dell'11/9", fatte da cani.
4) Perchè quando ride da solo alle sue battute idiote non lo sopporto.

5)Perchè in una delle suddette puntate a prendere parte del "debunker" aveva chiamato Alessio Vinci, prossimo conduttore di Matrix.

Il quale:
1) E' un professionista che non ha nulla del provincialismo dei giornalisti nostrani, infatti lavora come corrispondete della CNN, che non è che prende il primo italiano a caso. E' una boccata di aria fresca per l'informazione in Italia.
2) E' stato corrispondete dall'estero da "un po' tutto il mondo".
3) Ha seguito la Guerra del Golfo. Era inviato a Mosca durante il tentativo di golpe, ha seguito a guerra in Cecenia, dove ha rischiato la vita sotto i bombardamenti. E' stato l'unico giornalista televisivo a coprire in diretta la caduta di Milosevic.

E' stato in Irak e Afghanistan come corrispondete di guerra, oltre che della guerra del Kosovo.

Ma cosa più importante....

4) Credo che non rida da solo alle proprie battute come Mentana.


Queste sono le mie impressioni, naturalmente posso sbagliare, vedremo.

domenica 15 febbraio 2009

Obama bombarda il Pakistan/bis

U.S. Airstrike Kills 30 in Pakistan


ISLAMABAD, Pakistan — Two missiles fired from American drone aircraft killed more than 30 people, including Qaeda and Taliban fighters, near the Pakistani border with Afghanistan on Saturday, according to a Pakistani intelligence official and residents of the area.


The American attacks were near the town of Makeen.

The missiles struck three compounds, including one where the leader of the Pakistani Taliban, Baitullah Mehsud, and foreign and local fighters loyal to him sometimes gather, the official and residents said.

Mr. Mehsud, one of the most feared leaders in Pakistan’s lawless tribal areas, was not among those killed, according to the official, who spoke on condition of anonymity because he was not authorized to speak to the press.

Mr. Mehsud, a Pakistani, has fought the government openly in the past, and government and intelligence officials say forces loyal to him continue to attack Pakistani troops in the Swat Valley and the Bajaur and Mohmand tribal areas. The previous government, led by Pervez Musharraf, accused Mr. Mehsud in the killing of Benazir Bhutto, a former Pakistani prime minister.

If Mr. Mehsud was the target of the attack in South Waziristan, it would be the first time that American missiles were aimed at him, the intelligence official said.

Missile attacks in Pakistan by remotely piloted aircraft operated by the Central Intelligence Agency have generally been aimed at foreign Qaeda fighters and Taliban guerrillas from Afghanistan, who take shelter in Pakistan between raids into their country to fight American and NATO soldiers.

A C.I.A. spokesman, Mark Mansfield, declined to comment on the reports of missile strikes on Saturday, as is the agency’s standing policy. A spokesman for Pakistan’s military was unavailable for comment.

Arab and Uzbek fighters were among those killed Saturday, according to the intelligence official and residents of the area.

The attack followed a visit to Pakistan last week by Richard C. Holbrooke, the special representative to Pakistan and Afghanistan, that was part of a review of American policy in the region ordered by President Obama.

During his visit, Mr. Holbrooke heard a litany of complaints about drone strikes, some of which have inadvertently killed civilians, making it harder for the country’s shaky government to win support for its own military operations against the Taliban.

It was unclear if any civilians where killed in Saturday’s strikes, which residents say also hit a madrasa.

The drone attack also comes after a statement on Thursday by Senator Dianne Feinstein, Democrat of California and the chairwoman of the Senate Intelligence Committee, that the aircraft take off from a base in Pakistan.

“As I understand it, these are flown out of a Pakistani base,” Ms. Feinstein said during a hearing.

The drone attacks, especially in the last six months, have increased anti-American sentiment in Pakistan to very high levels, and Ms. Feinstein’s statement is likely to further inflame the protests over them. Her statement was prominently covered by the Pakistani press on Saturday.

Although many Pakistanis have accused their government of giving quiet approval for the United States to strike in the tribal areas, they also assumed that the strikes came from Afghanistan.

In 2008, the American drones carried out more than 30 missile attacks against Qaeda and Taliban targets in the tribal areas, according to a report by the Council of Foreign Relations in Washington. Two missile attacks just days after Mr. Obama was inaugurated indicated that his administration, at least for now, planned to continue the policy of the Bush administration.

The compounds that were hit Saturday were in the village of Shwangai, near the town of Makeen. The village is about 60 miles from the Afghan border.

A resident of the area said that bodies were still being recovered from the debris hours after the attack.

The attack was the fourth in the area controlled by Mr. Mehsud, but none of the others were believed to have had him as a target. Most of these attacks have occurred since September, when President Asif Ali Zardari took power.

Eric Schmitt contributed reporting from Washington.

domenica 8 febbraio 2009

Non è eutanasia

Eutanasia significa buona morte.
Morire di sete non è una "buona morte".
Eluana Englaro, non mi risulta si sia pronunciata in materia. Non può.
Chi può in vece sua?
Non certo lo Stato, non certo un tribunale.

E anche se decidesse in tal senso, dovrebbe decidere qualcosa di rapido ed indolore, non una lenta agonia.

Preferiscono lavarsi le mani e "lasciare fare alla natura", piuttosto di assumersi la responsabilità del gesto diretto. In fondo loro non danno la morte, ma è "il tempo".

Come se questi giudici non condannerebbero per omicidio chi chiudesse in una stanza una persona, negandogli l'alimentazione.

Se non sbaglio ci sono delle leggi sulla macellazione dei maiali che prevedono un trattamento più umano.

Detto questo, ribadisco la mia convinzione che ciascuno dovrebbe essere padrone della propria vita, e decidere in tal senso.

Non si può decidere della vita altrui.

martedì 3 febbraio 2009

Grad colpisce Ashkelon. Bella tregua/2

Le tregue me le ricordavo diverse.
Ma forse è colpa mia, credevo che fosse quella cosa dove entrambi i contendenti smettono di combattere, in attesa di trovare una soluzione.

Perchè hanno lanciato i Grad?
Forse per protesta contro i 194 camion di aiuti umanitari arrivati da Israele lunedì?

Ashkelon si trova a 10 Km dalla striscia.
Ma i Grad hanno una gittata che può arrivare fino a 26 Km.
Ora le persone che vivono in quel raggio sanno che può arrivare loro sulla testa un confetto esplosivo di 20 Kg.

Come si chiama questa? Tregua?



Chi mi tocca difendere...

Di Pietro ha insultato Napolitano?
Si.
Gli ha dato del mafioso?
Può essere.
Napolitano lo ha denunciato?
No.

E' stata denunciato dall'Unione delle Camere penali italiane ." A firmare l'esposto il presidente del sodalizio professor Oreste Dominioni e il vicepresidente Renato Borzone."

Non solo i reati d'opinione sono un retaggio di una idiota e fascista, ma stiamo parlando di un rappresentate del popolo, nell'esercizio delle sue funzioni.

Arrestatelo, dice cazzate!

Ma per favore....

lunedì 2 febbraio 2009

Paolo Guzzanti lascia il PDL per il PLI

E' la conclusione di un percorso.

Dal tradimento delle istanze liberali, alla vicinanza di Berlusconi al dittatore Putin (e l'accondiscendenza per le sue politiche criminali), al monarchismo assoluto nel PDL che non lascia spazio al dissenso. Soprattuto sulle questioni fondamentali.

Paolo Guzzanti, per quel che ne sappia io è l'unico politico che si mette sullo stesso piano della gente comune, dialogando con loro, tutti i giorni sul suo blog.

C'è chi cambia idee per non cambiare partito, chi invece, come lui cambia partito per non cambiare idee.
L'impresa è rianimare il PLI, a rischio OPA ostile. Il rischio e che venga inglobato e annichilito all'interno di un mastodontico e poco liberale PDL.

L'appuntamento è per le elezioni europee. Per vedere quello che si può fare.

Viva la Rivoluzione Italiana.

(ANSA) - ROMA, 2 FEB - Paolo Guzzanti annuncia, con una lettera aperta a Silvio Berlusconi, di lasciare da oggi il gruppo parlamentare del Pdl alla Camera, iscrivendosi a quello misto, e il partito. Infatti, il deputato annuncia la sua iscrizione al Partito Liberale Italiano con l’idea di candidarsi per prossime responsabilita’ politiche.
Due gli elementi che motivano la scelta di Guzzanti: il sostegno ‘entusiasta, personale e amicale al signor Vladimir Putin’ da parte di Silvio Berlusconi per la ‘criminale invasione della Georgia, la prima di uno Stato europeo da parte di un altro Stato europeo dal 1 settembre del ‘39 quando Hitler invase la Polonia’.
Il secondo motivo sta nella condizione ‘preagonica della democrazia parlamentare italiana’. ‘Il Parlamento - scrive Guzzanti - e’ oggi ridotto al rango di cane da slitta del governo, costretto a correre sotto i colpi di frusta dei voti di fiducia (11, mentre 44 delle leggi approvate su un totale di 45 portano la firma del governo) con cui approvare decreti legge che meriterebbero invece ampia, autonoma e approfondita discussione e correzione da parte dei rappresentanti del popolo’.


PDL: GUZZANTI A BERLUSCONI, LASCIO FI E VADO NEL PLI (3) =
KERMESSE FORZA ITALIA COME FESTE COMPLEANNO KIM IL SUNG

(Adnkronos) - Guzzanti denuncia poi la “condizione pre-agonica della democrazia parlamentare italiana alla quale spesso tu alludi con insofferenza parlando di ‘lacci e lacciuoli’ per sottolineare l’impaccio che provi di fronte alle regole e alle procedure che dovrebbero garantire autonomia e autorita’ del Parlamento nel suo rapporto con l’esecutivo. Il Parlamento e’ oggi ridotto al rango di cane da slitta del Governo, costretto a correre sotto i colpi di frusta dei voti di fiducia (undici, mentre 44 delle leggi approvate su un totale di 45 portano la firma del Governo) con cui approvare decreti legge che meriterebbero invece ampia, autonoma e approfondita discussione e correzione da parte dei rappresentanti del popolo”.
Cosi’ “oggi il Parlamento prende ordini dal Governo anziche’ esserne il controllore,essendone semmai il controllato, cio’ che rende la democrazia parlamentare un cadavere o meglio uno zombie”.

Guzzanti lamenta inoltre “la totale assenza, malgrado operazioni di facciata come i ridicoli gazebo, di una sia pur larvata forma di democrazia interna in Forza Italia, partito diventato sempre piu’ un organismo autoritario e piramidale, incapace persino di celebrare un vero Congresso in cui poter ascoltare e votare voci sia discordi che concordi. Ho assistito per anni con imbarazzo, condiviso anche da tantissimi colleghi, a delle kermesse che potevano essere indifferentemente manifestazioni di Forza Italia o celebrazioni per il compleanno di Kim Il Sung. Tu sei l’unico leader di partito che si presenta alla sua gente sul palco di un teatro circondato dai gorilla con la radiolina nell’orecchio, anche quando non e’ primo ministro.

“Politica estera, collasso istituzionale e assenza di democrazia interna -riassume in conclusione il giornalista- mi inducono a prendere la sofferta decisione di andarmene, non senza averti pero’ prima dato atto di aver realizzato progressi storici e positivi verso il bipartitismo, di aver in particolare creato dal nulla con uno sforzo personale e insostituibile una destra democratica che all’Italia mancava e che oggi, grazie al tuo lavoro, esiste anche se soffre di gravi menomazioni. L’ultima mia delusione e’ di vedere che nel corso dei quasi 15 anni del tuo impegno politico, non hai fatto nulla per dare a questo Paese la tanto attesa rivoluzione liberale che le grandi democrazie hanno avuto e che all’Italia e’ stata negata.
Questo e’ il motivo per cui ho scelto di proseguire la mia battaglia nel rinascente Partito liberale che fu di Einaudi e Malagodi”.

(Sam/Ct/Adnkronos) 02-FEB-09 14:19

martedì 27 gennaio 2009

Bella tregua, bravi...

Gaza: ucciso soldato israeliano

Agguato di miliziani palestinesi ai confini della striscia contro una pattuglia: feriti anche altri tre militari

GAZA (CISGIORDANIA) - Un soldato israeliano è stato ucciso e altri 3 sono rimasti feriti al confine con la striscia di Gaza in un'imboscata condotta da miliziani palestinesi. Stando ad alcune fonti, i militari stavano pattugliando la linea di frontiera, in prossimità del valico di Kissufim, a bordo di un fuoristrada quando un ordigno - forse comandato a distanza - è stato fatto esplodere sotto il veicolo. Subito dopo un gruppetto di miliziani ha aperto il fuoco e ne è nata una sparatoria con i soldati durata alcuni minuti. Nel conflitto a fuoco sarebbe morto anche un palestinese, mentre un altro sarebbe rimasto ferito.

NESSUNA RIVENDICAZIONE - L'imboscata, al momento, non è stata rivendicata nè da Hamas nè da alcuna delle altre sigle islamico-radicali attive nella Striscia. Secondo alcune testimonianze, l'azione iniziale sarebbe stata compiuta da due o tre persone armat

La banalità del bene


Vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere.

Giorgio Perlasca

domenica 25 gennaio 2009

Per la democrazia


“Tutto il mondo guarda con ammirazione alla straordinaria capacità di rinnovamento della società americana, al grande esempio di democrazia offerto dalle primarie e dal civilissimo confronto tra i candidati alla Casa Bianca. Il carattere, la storia, la cultura di quella società sono stati determinanti. Ma nulla sarebbe stato possibile se la vita pubblica degli Stati Uniti non fosse basata su alcune regole fondamentali, che ne fanno una democrazia aperta, incompatibile con qualunque chiusura dall’alto. Queste regole sono innanzitutto.

1) le primarie, che affidano ai cittadini la scelta di ogni candidatura;

2) il collegio uninominale maggioritario, che crea un solido legame tra eletto ed elettore;

3) la scelta popolare del governo;

4) il bipartitismo, che porta chiarezza e stabilità;

5) la separazione dei poteri e la reale autonomia delle diverse istituzioni.

Nel momento in cui, per uscire dalla transizione, si guarda a grandi modelli, noi proponiamo di assumere come punto di riferimento proprio la democrazia americana, perché crediamo che sia la strada giusta per rinnovare davvero la nostra vita pubblica. E’ una convinzione che accomuna già una larga parte degli italiani. E noi, come liberi cittadini, vogliamo dar voce insieme a loro a questa grande speranza di cambiamento”.

Qui si può aderire all’appello.

venerdì 23 gennaio 2009

Obama bombarda il Pakistan

Obama delude i pacifisti più velocemente di quanto chiunque si aspettasse.
Io credevo che ci volesse almeno qualche settimana.
Il presidente Obama, la speranza dell'umanità," l'altra America", il DIO di Veltroni.

Veltroni? Ti prego non piangere...

At least 20 people were killed in northwest Pakistan near the border of Afghanistan on Friday in two suspected U.S. missile strikes, marking the first such attack in Pakistan's tribal areas since President Obama's inauguration.

A U.S. Predator drone fired three missiles at a compound about two miles from the town of Mirali in the tribal area of North Waziristan about 5:15 p.m., according to a Pakistani security official and local residents. The precision strike leveled a compound, which was owned by local tribal elder Khalil Malik, killing at least 10 suspected militants, including five foreign nationals, according to the Pakistani security official. The site of the attack is about 30 miles east of the Afghan border.

The official, who spoke on condition of anonymity because of the sensitivity of the matter, said Malik was killed along with his brother and nephew. Authorities in North Waziristan, however, said they have been so far unable to identify any of those killed because militants immediately cordoned off the area. "I suspect a high-value target may be among the dead," the Pakistani security official said.

Jan Mohammad, a local tribesman, said Malik and his relatives probably died in the strike, which sparked panic among Malik's neighbors. Mohammad said that Malik was an influential tribal elder but that he was not known to have links with the Pakistani Taliban or other insurgent groups in the area.

There were conflicting accounts about the number of casualties in the first attack. Local residents said there were at least 11 bodies, but Pakistani television channels said 10 were killed.

The second strike occurred about three hours later near the tribal capital of Wana in South Waziristan, according to a Pakistani political official in the area. A U.S. drone fired two missiles at a compound in the small village of Gangikhel, a little less than 20 miles from the border with Afghanistan. Few details of that attack were available, but local residents said at least 10 were killed and two injured.

Maj. Gen. Athar Abbas, a spokesman for the Pakistani army, declined to comment on the strike, referring calls to the Pakistani Foreign Ministry. A spokesman for the Foreign Ministry also declined to comment.

The United States generally does not comment on or confirm whether it is behind missile attacks. White House spokesman Robert Gibbs refused to take questions about the incident at his regular briefing for reporters in Washington on Friday.

The two targeted areas are separated by about 60 miles and long stretches of rugged, ungoverned mountainous terrain. Yet they are bound together by a common allegiance among many ethnic Pashtun tribesmen to two separate insurgent networks in North and South Waziristan. In North Waziristan, hundreds of tribesman have joined a group led by Jalaluddin Haqqani, a rebel Afghan fighter, and his son, Sirajuddin Haqqani. The Haqqani Network has been linked to dozens of suicide and roadside bomb attacks on U.S., coalition and Afghan government forces in Afghanistan, including an assassination attempt last April on Afghan President Hamid Karzai. Although Jalaluddin Haqqani, who received backing from the CIA during the Soviet incursion in Afghanistan in the 1980s, is considered the spiritual head of the group, Sirajuddin is frequently credited with being head of operations.

The Haqqani Network has been battered by missile strikes in Pakistan and aggressive U.S.-led ground raids into territory controlled by the group in the eastern Afghan provinces of Khost and Paktika. Reports of arrests of suspected operatives and strikes on bomb-making compounds have increased within in the past three months with dozens killed and scores detained by coalition forces operating near the border.

In South Waziristan, a number of missile attacks have targeted compounds linked to Pakistani Taliban leader Mullah Nazir. Nazir was appointed the top Taliban commander of the Ahmedzai Wazir tribe in 2006, two years after a U.S. missile strike killed another top Taliban leader known to foster foreign fighters, Nek Mohammed.

At least 132 people have been killed in 38 suspected U.S. missile strikes inside Pakistan since August as the administration of President George W. Bush stepped up pressure on Pakistan to pursue more aggressively Taliban and al-Qaeda insurgents in the country's tribal areas.

Regional and intelligence experts say the strikes have improved in precision and have hit several top insurgent commanders in recent months. The notable change in tempo and reported accuracy could be partly attributed to a growing sense of urgency inside the Bush White House as the progress in the seven-year long war in Afghanistan stalled during the waning days of the administration.

Samina Ahmed, director of the International Crisis Group in Pakistan, attributes some of the change to increased cooperation between the United States and Pakistan.

"Given the fact that the past few strikes have actually gotten their targets with minimal or no civilian casualties, there is obviously better cooperation between the U.S. military and Pakistan," Ahmed said. "Now is that coming because of better cooperation from the U.S. military and Pakistani military? That's what the U.S. military seems to be saying. But you have to also consider whether it's not just the military but better cooperation with the civilian government and better human intelligence."

Ahmed and other experts have also noted a shift among U.S. intelligence officials from the use of technology to the use of human surveillance on the ground to pinpoint militant safe havens for such strikes. Suspicions among Taliban militants that coalition forces have deployed local spies in otherwise inaccessible tribal areas has sparked a wave of public executions that have killed dozens in recent months.

"As much as there has been an increase in strikes, there has been an increase in people executed as American spies. The militants don't need to give a reason to kill someone. So that it seems they're taking the threat of possible spies in their midst seriously," Ahmed said. "That type of human intelligence was missing before and perhaps is better now."

Although the Obama administration has signaled its intention to make a sharp break with some Bush policies, including using the naval base at Guantanamo Bay, Cuba, as a detention facility for suspected terrorists, the White House indicated that it will proceed cautiously in Pakistan and Afghanistan where the CIA has dominated U.S. strategy since 2001. Pakistani officials have said they are hopeful that the change in the White House will foster greater cooperation on security issues, particularly in the tribal areas where more than 2,000 people died last year in militant-related violence.

Zardari and other Pakistani officials were critical of the United States in the wake of several missile strikes last year. But there was notable silence in Islamabad about Friday's missile strikes with few public officials commenting on the attacks.

Special correspondent Haq Nawaz Khan in Islamabad contributed to this report.