di Barry Rubin
31 Dicembre 2008Il ministro Barak valuta positivamente il cessate il fuoco proposto dall'Unione Europea. Ma il 2008 di di Israele finisce com’era cominciato. Sotto tiro.
Ieri l’Europa ha chiesto a Israele un “cessate il fuoco” che garantisca l'accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Gerusalemme si è data 48 ore di tempo per valutare la proposta francese. Il ministro della difesa Barak ha detto di essere favorevole alla tregua. Domani Tzipi Livni volerà a Parigi per discuterne con il presidente Sarkozy che nei giorni scorsi aveva definito “spropositata” la reazione israeliana. Obama resta prudentemente in silenzio mentre Bush si tiene in contatto con Abu Mazen e ringrazia Mubarak per il comportamento tenuto dall’Egitto. Rispunta anche Richard Falk, ispettore per i diritti umani alle Nazioni Unite, che denuncia le “scioccanti atrocità” commesse dagli israeliana a Gaza. Pubblichiamo un editoriale di Barry Rubin apparso sul "Jerusalem Post" che fa il punto sugli scenari di guerra in gioco e sulla strategia mediatica e militare di Hamas.
Non c’è più niente di chiaro nella strategia di Hamas. L’organizzazione offre a Israele di scegliere tra due ipotesi: subire l’attacco dei razzi e quello dei media, e pensa che la situazione attuale si possa riassumere così: “Noi vinciamo o voi perdete”.
Opzione A. Il “cessate il fuoco”. Termina il “cessate il fuoco” e Hamas cerca di ottenere pace e tregua necessari a incrementare il suo esercito e consolidare il suo potere a Gaza. Israele garantisce gli approvvigionamenti a patto che non ci siano altri attacchi. Dal punto di vista pragmatico del mondo occidentale questa sarebbe una grande occasione per mettere un freno alla crisi in atto. Ma Hamas non è un’organizzazione pragmatica di stampo occidentale. I suoi nemici sono proprio la pace e la tregua, non solo a causa della sua ideologia – la sfera divina gli comanda di distruggere Israele – o per la sua immagine – di eroi e martiri – ma anche perché il suo esercito ha bisogno di reclutare affiliati tra le masse per una guerra permanente, e quindi deve guadagnarsi il consenso della popolazione. Hamas non ha alcun programma per lo sviluppo del benessere del popolo palestinese. Non vuole educare i bambini a diventare dottori, insegnanti, o ingegneri. La sua piattaforma politica si sviluppa intorno a un solo punto: guerra, guerra, una guerra senza fine, fatta di sacrificio, eroismo, e martirio fin quando non sarà raggiunta la vittoria totale. Così finisce l'ipotesi “cessate il fuoco” .
Opzione B. I razzi. Termina il “cessate il fuoco” e riprendono a piovere missili su Israele, accompagnati da mortai e da attacchi occasionali di Hamas lungo la linea di confine. Israele non reagisce. Hamas si esalta: sei debole, sei confuso, sei privo di difese. Accorrete gente, insorgete per distruggere la “tigre di carta”! Così vengono reclutati nuovi adepti, i palestinesi della West Bank assistono con ammirazione a questi scontri con il nemico, e il mondo arabofono ne resta impressionato. Ricordate il 2006, dicono. E’ proprio come con l’Hezbollah. Israele è indifeso di fronte ai missili.
Opzione C. I media. Israele torna allo scontro armato. Proseguono i piani per bombardare obbiettivi militari specifici che però sono stati deliberatamente collocati tra i civili da Hamas. Se ci sarà un rischio troppo alto di colpire i civili, Israele non attaccherà. Ma c’è una linea al di sotto della quale ci sarà un rischio di fare vittime innocenti, ed è giusto che sia così. A quel punto i sorrisi compiaciuti spariranno dai volti dei leader di Hamas. Tuttavia gli islamisti hanno un’arma di riserva, i loro appelli ai media. Questi arroganti, eroici, macisti vincitori di ieri si sono trasformati in vittime compassionevoli. Hamas annuncia ogni genere di tragedia disastrosa e i reporter che non sono sul terreno la recepiscono senza alcun riscontro.
Ogni singolo colpo è, ovviamente, un palestinese civile morto. Non ci sono soldati a Gaza. E le disgrazie sono sempre “sproporzionate”: Hamas ha predisposto tutto perché si segua questa via. L’organizzazione terrorista ha bisogno di fotografi complici che immortalino bambini mentre fingono di essere feriti. Immagini che una volta pubblicate nei giornali occidentali diventano fatti incontrovertibili. La guerra si può vincere con i missili e i mortai, articoli di giornali certamente no. Certo, è stato causato un danno materiale che ostacola lo sviluppo materiale di Gaza. Ma questo ad Hamas non interessa, gli basta semplicemente garantire la distruzione della propria base concreta. Hamas si sta auto-distruggendo. In particolare è stremata a causa degli attacchi israeliani che si focalizzano su obiettivi militari.
Conclusione: il problema senza soluzione. Sicuramente Israele non può raggiungere una completa vittoria. Hamas non cadrà. La questione non si risolverà. Per Hamas la sopravvivenza deve coincidere con la vittoria. Hamas, come l’OLP, conquista una “vittoria” dopo l’altra ma ogni volta conclude la sua esperienza politica in un modo peggiore del precedente. Il conflitto terminerà. Comunque vada a finire questo ciclo di violenze, anche queste giornate finiranno. Tornerà la pace e i rifornimenti rifluiranno nuovamente a Gaza. Così fra qualche mese il processo si ripeterà. Con una differenza fondamentale: Israele usa il suo tempo non solo per il training militare ma anche per educare i suoi bambini, costruire infrastrutture, alzare il suo standard di vita. Hamas non fa nulla di tutto questo. “Noi crediamo nella morte – dice Hamas – voi credete nella vita”. State attenti a ciò che desiderate, lo potreste ottenere.
Barry Rubin è direttore del Global Research in International Affairs
Traduzione di Kawkab Tawfik
1 commento:
"Con una differenza fondamentale: Israele usa il suo tempo non solo per il training militare ma anche per educare i suoi bambini, costruire infrastrutture, alzare il suo standard di vita. Hamas non fa nulla di tutto questo."
Chiunque abbia anche solo una leggera infarinatura sugli avvenimenti presi in esame sa bene che Hamas ha conquistato una popolarità tanto schiacciante all' interno delle fila palestinesi proprio per ciò che è riuscita a costruire in pochissimo tempo: strade,scuole, ospedali.
Ha dato case ai senza tetto ha offerto assistenza medica alla popolazione, in soli 20 anni è riuscita a mangiarsi il consenso di una ben più radicata OLP, e non a suon di bombe e terrore, come certuni vorrebbero far credere, ma rispondendo alle esigenze primarie dei propri connazionali.
E tutto senza l' aiuto peloso dei servizi segreti occidentali ed i fondi dei paesi arabi a sovranità limitata (ergo quelli servi degli americani.
Sui rifornimenti a Gaza, il signor Rubin omette che questi sono cessati da molti mesi ormai, ben prima che si radicalizzasse lo scontro degli ultimi giorni.
Gaza è un lager a celo aperto e la popolazione locale sta venendo lentamente uccisa, da anni ormai, raccontar menzogne serve a poco, il dramma è sotto gli occhi di tutti.
Posta un commento