sabato 19 aprile 2008

Benedetto XVI, un Papa neocon?

Tratto da "Benedetto W. XVI" di Christian Rocca

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Per Benedetto XVI difendere i diritti umani è “la strategia più efficace” non solo “per eliminare le disuguaglianze”, ma anche per “aumentare la sicurezza”.

Ha legittimato il diritto all’ingerenza della comunità internazionale “con i mezzi giuridici previsti nello Statuto dell’Onu e da altri strumenti internazionali”, sulla base del principio che “ogni stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo”

Benedetto ha specificato che l’azione della comunità internazionale “non deve mai essere interpretata come un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità”. Al contrario, ha spiegato, “è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano un danno reale”.
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Aggiungiamoci poi lo scritto " L' Occidente, l'Islam e i fondamenti della pace"(Vita e e Pensiero) del settembre 2004 , quando non era ancora Papa.

E otterremo un Papa neocon a tutti gli effetti.

"Quando il 5 giugno del 1944, iniziò lo sbarco delle truppe alleate nella Francia occupata dalla Wermacht, l'evento rappresentò per il mondo intero, compresa una gran parte dei tedeschi, un segnale di speranza: la speranza che presto in Europa sarebbero arrivate la pace e la libertà... Oggi noi siamo grati al fatto che questo sia avvenuto. E ad essere grati non sono soltanto i paesi occupati dalle truppe tedesche. Noi stessi i tedeschi siamo grati perché, con l'aiuto di quell'impegno, abbiamo recuperato la libertà e il diritto. Se mai si è verificato nella storia un bellum justum è qui che lo troviamo, nell'impegno degli Alleati, perché il loro intervento aveva come scopo il bene anche di coloro contro cui il Paese la guerra era condotta"
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"Questa constatazione mi pare importante perché mostra, sulla base di un intervento storico, l'insostenibilità di un pacifismo assoluto. E ciò non ci esenta in alcun modo dal porci con molto rigore la domanda se oggi sia ancora possibile, e a quali condizioni, qualcosa di simile ad una guerra giusta, vale a dire un intervento militare, posto al servizio della pace e guidato dai suoi criteri morali, contro i regimi ingiusti"
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"La pace e il diritto, la pace e la giustizia sono inseparabilmente connessi. Quando il diritto è distrutto, quando l'ingiustizia prende il potere, la pace è sempre minacciata ed è già, almeno in parte, compromessa"
Il terrorismo " è diventato con il tempo una sorta di nuova guerra mondiale: una guerra senza un fronte fisso, che può colpire ovunque e non conosce distinzione tra combattenti e popolazione civile"

"Cosa possiamo fare in questa situazione? Non è possibile venire a capo del terrore, cioè della forza opposta al diritto e separata dalla morale, con il solo mezzo della forza. Certamente la difesa del diritto può e deve, in alcuni casi, far ricorso ad una forza commisurata. Un pacifismo assoluto che neghi al diritto l'uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe ad una capitolazione davanti all'iniquità, ne sanzionerebbe la presa del potere, e abbandonerebbe il mondo al diktat della violenza. Ma per evitare che la forza del diritto si trasformi essa stessa in iniquità, è necessario sottometterla a criteri rigorosi e riconoscibili tali da parte di tutti. Essa deve interrogarsi sulle cause del terrore, il quale spesso trova la sua scaturigine in una situazione di ingiustizia alla quale non vengono opposte misure efficaci"

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