giovedì 22 maggio 2008

Un governo contro la mafia

Si inzia bene, anzi, meglio.

Questa non è semplicenmtne la continuazione del lavoro 2001-2006. Berlusconi credo sia perfettamente consapevole dei limiti del suo precedente governo. Non era solo una faccenda si alleati e alleanze.

Diciamo che due anni di opposizione hanno fatto bene al desiderio riformatore.
Poi c'è un altro fattore fondamentale. Berlusconi ha 72 anni e questa è la sua ultima esperienza di governo. L'ultima possibilità di passare alla Storia. C'è già, ma c'è modo e modo, vuole essere ricordato come grande rifomatore, da tutti, non solo da una parte.

Si inizia bene, con scelte secce e nette. E anche dei provvedimenti contro la mafia, 8 norme su 30 trattate sin dal primo consiglio dei ministri, fra cui,

  • Confisca dei beni mafiosi più facile. Si conferisce ai prefetti la competenza ad assegnare i beni confiscati alla mafia.
  • Viene vietata la possibilità di patteggiare in appello per i reati di mafia.
  • Facilitata la distriuzione delle merci contraffate, sulle quelli la mafia fa affari.
  • Attribuita al Procuratore della Repubblica ed al direttore della
    Direzione investigativa antimafia il potere di proporre l'adozione delle
    misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e
    dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

Maroni ha affermato che le norme per la lotta alla mafia “ sono ispirate alle norme a suo tempo suggerite dal giudice Giovanni Falcone e mai applicate da nessun governo, neppure di centrosinistra [...]Penso ad esempio alla norma che prevede la confisca dei beni mafiosi a prescindere dalla pericolosita’ del soggetto. Noi prevediamo che questi beni, una volta confiscati, non potranno mai essere restituiti, neppure in presenza della morte del mafioso. Quindi i suoi eredi, familiari o meno, non potranno subentrare nella titolarita’ dei beni confiscati”.

Non solo, Schifani, ha lanciato un appello ai gruppi parlamentari affinché rendano, con iniziative condivise, "ancora più aggressive e incisive" le misure contenute nel pacchetto sicurezza per contrastare i patrimoni mafiosi.

Ed è solo il primo consiglio dei ministri. Cosa diceva Travaglio?

mercoledì 21 maggio 2008

Arrestato il vignettista sul profeta, sfottuto il cattolico.

Un articolo de L'Occidentale.
l'autore non lo so, dato che non c'è scritto.
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In Olanda la polizia ha fatto irruzione nella casa del disegnatore Gregorius Nekchot e lo ha trascinato in galera per alcune vignette ritenute offensive dell'Islam. Persino il direttore del suo giornale ha dato l'avallo all'arresto. La denuncia era partita da un olandese convertito alla religione musulmana.

Né in Olanda né nel resto d'Europa si è sollevata una sola critica a questo provvedimento.

Strano perché di solilto gli autori di satira sono piuttosto solidali tra loro e quando qualche governo fa la voce grossa (vedi i casi italiani della Guzzanti, di Luttazzi o di altri) scatta subito la difesa d'uffico al grido "la satira non si tocca". In Olanda non solo si tocca ma si sbatte in galera e tutti tacciono.

Nello stesso momento, invece, in tutta Europa ci si sente completamente liberi di maltrattare, insultare, deridere la religione cattolica e i suoi simboli e se solo qualcuno alzasse il dito per protestare gli verrebbe tagliato con l'accusa imfamante di censore.

La foto che pubblichiamo l'abbiamo trovata per caso su Repubblica.it, faceva parte del reportage di una sfilata di moda in Austria dove si presentava la collezione di un noto produttore di lingerie inglese, Agent Provocateur. Ognuno è libero di scegliersi le mutande che vuole e anche di mostrarle in pubblico, non si capisce però la ragione di mettere due modelle in guèpiere che trascinano in catene un finto cardinale(in realtà un Papa, dato che veste di bianco. NDR).

Forse non c'è una ragione, è solo routine di cui nessuno più si scandalizza: potevano scegliere un cardinale, un cavallo, una valkiria in motocicletta, un gregge di pecore: tutta la stessa pappa frutto del genio di qualche organizzatore di eventi. Di certo però nessuno si sarebbe azzardato a mettere in passerella, non dico un finto profeta ma neppure un imam o un ayatollah.

Invece a prendersela con i preti non si rischia nulla, neppure un po' di biasimo: anzi si passa per gente dalla mente libera e coraggiosa. Così non ci si accorge che a poco a poco ci stiamo costruendo la nostra stessa galera.

venerdì 16 maggio 2008

Bush alla Knesset: Masada non cadra più

Discorso di Bush alla Knesset, riportato da IlFOGLIO.
Berlusconi non c'è potuto andare perchè doveva essere in parlamento per la fiducia, speriamo ci vada presto.

Un discorso stupendo.

Da Il FOGLIO del 16 maggio 2008

Shalom. Tornare in Israele è, per me e mia moglie Laura, un’enorme emozione. Le celebrazioni degli ultimi due giorni ci hanno profondamente commosso. E questo pomeriggio sono onorato di presenziare a una delle maggiori assemblee democratiche al mondo e portare il saluto di tutto il popolo americano. Prendere la parola alla Knesset è per un presidente americano un privilegio raro, anche se il primo ministro (Ehud Olmert, ndr) mi ha confessato che ancora più raro, in questa Camera, è che prenda la parola una sola persona alla volta. Il mio unico rammarico è che uno dei più grandi leader israeliani non sia qui a condividere questo momento. E’ un valoroso guerriero, un messaggero di pace e un caro amico. Tutti gli americani sono vicini con la preghiera ad Ariel Sharon. Ci ritroviamo oggi qui riuniti per celebrare un evento straordinario. Sessanta anni fa, a Tel Aviv, David Ben Gurion proclamava l’indipendenza di Israele sulla base del “diritto naturale del popolo ebraico a poter disporre del proprio destino”. Quel che ne è seguito va ben oltre la fondazione di un nuovo stato. Si è trattato del riscatto di un’antica promessa fatta ad Abramo, Mosè e Davide, quella di una patria per il popolo eletto nella Eretz Ysrael. Undici minuti dopo quella proclamazione, su disposizione del presidente Harry Truman, gli Stati Uniti ebbero l’onore di essere la prima nazione a riconoscere l’indipendenza di Israele. E oggi, in occasione di questo storico anniversario, l’America rivendica con fierezza il ruolo di principale alleato di Israele e suo migliore amico. L’alleanza tra i nostri governi non può essere in alcun modo scalfita; tuttavia, la nostra amicizia vanta radici più solide e profonde di qualsiasi trattato. Si basa sullo spirito comune ai nostri popoli, sul vincolo del Libro, sui legami dell’anima. Quando William Bradford scese dal Mayflower, nel 1620, citò le parole di Geremia: “Venite, raccontiamo in Sion l’opera del Signore nostro Dio”. I padri fondatori del mio paese videro una nuova terra promessa e omaggiarono le loro città di nomi come Bethlehem e New Canaan. E, col passare del tempo, numerosi americani sono divenuti ferventi sostenitori dello stato ebraico. Secoli di sofferenze e sacrifici sono dovuti passare prima che questo sogno si potesse realizzare. Il popolo ebraico ha patito l’agonia dei pogrom, la tragedia della Grande guerra e l’orrore dell’Olocausto, che Elie Wiesel definisce il “regno della notte”. Uomini senz’anima annientarono vite e spezzarono famiglie. Non riuscirono, però, a soppiantare lo spirito del popolo ebraico, né a infrangere la promessa di Dio. Quando si ebbe finalmente notizia dell’indipendenza di Israele, Golda Meir, una donna coraggiosa cresciuta nel Wisconsin, non poté far altro che piangere. Soltanto in seguito disse: “Per duemila anni abbiamo atteso la nostra liberazione. Ora che l’abbiamo ottenuta, la gioia è cosi grande e meravigliosa da trascendere le parole umane”. La gioia dell’indipendenza fu stemperata dallo scoppio di nuovi conflitti, di una guerra che si protrae da sei decenni. Eppure, nonostante le violenze, e a dispetto di qualsiasi minaccia, Israele ha saputo costruire una fiorente democrazia nel cuore della Terra Santa. Avete accolto nel vostro paese immigrati provenienti da ogni angolo della terra. Avete forgiato una società libera e moderna, ispirata all’amore per la libertà, la passione per la giustizia e il rispetto della dignità umana. Vi siete instancabilmente adoperati per la pace. E avete valorosamente combattuto per la libertà. L’ammirazione del mio paese verso Israele, però, non si limita a tutto ciò. Per mia grande fortuna, ho potuto vedere da vicino il carattere di Israele. Ho potuto toccare il Muro occidentale, ammirare i riflessi del sole sul Mar di Galilea e pregare nello Yad Vashem. Questa mattina ho visitato Masada, un suggestivo monumento al coraggio e al sacrificio. Proprio qui i soldati israeliani prestarono un giuramento: “Masada non cadrà più”. E oggi io dico a voi, cittadini di Israele: Masada non cadrà più, e l’America starà sempre al vostro fianco. La nostra alleanza sarà guidata da chiari principi e comuni convinzioni radicate nell’onestà morale e non condizionabili dai sondaggi di popolarità o dalle opinioni in voga tra le élite internazionali. Crediamo nell’incommensurabile valore di ogni uomo, donna e bambino. Per tale ragione insistiamo affinché il popolo israeliano abbia il diritto a una vita normale, pacifica e dignitosa, come i cittadini di qualsiasi altra nazione. Crediamo che la democrazia rappresenti l’unica via per la garanzia dei diritti umani. Per questo riteniamo vergognoso il fatto che le risoluzioni sui diritti umani approvate dall’Onu colpiscano la democrazia più libera del medio oriente più di qualsiasi altro paese al mondo. Crediamo che la libertà religiosa sia un principio fondamentale nella società civile. Per questo condanniamo l’antisemitismo in tutte le sue forme, sia in coloro che mettono apertamente in discussione il diritto di Israele all’esistenza, sia in coloro che si limitano a giustificare tale atteggiamento. Crediamo che i popoli liberi debbano battersi e sacrificarsi per la pace. Per questo plaudiamo alle scelte coraggiose compiute dai leader israeliani. Crediamo anche che le nazioni abbiano il diritto di difendere se stesse, e che nessun popolo debba mai essere costretto a negoziare con assassini votati alla sua distruzione. Crediamo che trasformare vite innocenti in un bersaglio sull’altare di obiettivi politici sia sempre e ovunque sbagliato. Per questo combattiamo assieme contro il terrorismo e non abbasseremo mai la guardia né perderemo la nostra determinazione. La lotta contro il terrore e l’estremismo è la sfida decisiva della nostra era. E’ molto di più che uno scontro bellico: si tratta di uno scontro tra visioni opposte, e di una grande battaglia ideologica. Da una parte, c’è chi difende gli ideali di giustizia e dignità con il potere della ragione e della verità. Dall’altra, quanti coltivano una visione angusta ispirata all’insegna della crudeltà e del controllo attraverso gli spargimenti di sangue, l’incitazione alla paura e la diffusione della menzogna. E’ una lotta che si combatte con le tecnologie del Ventunesimo secolo, ma è un’antica battaglia tra il bene e il male. Gli assassini si nascondono sotto il mantello dell’islam, ma non sono individui religiosi. Chi compie questi atti barbarici è mosso da un unico e misero obiettivo: la sete di potere. Non accetta alcun Dio sopra di sé, e riserva un odio particolare ai più ferventi difensori della libertà, quindi anche agli americani e agli israeliani. Ecco perché nella carta costitutiva di Hamas si invoca l’“eliminazione” di Israele. Ecco perché i seguaci di Hezbollah inneggiano “Morte a Israele, Morte all’America!”. Ecco perché Osama bin Laden insegna che “l’uccisione degli ebrei e degli americani è uno dei compiti più importanti”. Ecco, infine, perché il presidente iraniano sogna il ritorno del medio oriente al Medioevo, e invoca la cancellazione di Israele dalla faccia della terra. C’è gente sincera e di valore che non riesce a distinguere l’odio cieco di cui questi uomini sono avvolti, e tenta in ogni modo di farsi una ragione delle loro parole. Tutto ciò è naturale. Ma è fatalmente sbagliato. Da testimoni del male perpetrato in passato, abbiamo la solenne responsabilità di prendere sul serio questi proclami. Alcuni sembrano credere che dovremmo negoziare con i terroristi e i radicali, come se una qualche ingegnosa argomentazione potesse persuaderli di essere sempre stati in errore. Abbiamo già sentito la stessa stolida illusione in passato. Nel 1939, quando i carri armati tedeschi invasero la Polonia, un senatore americano dichiarò: “Signore, se solo avessi potuto parlare con Hitler, avremmo potuto evitare tutto questo”. Abbiamo il dovere di chiamare le cose con il loro nome: quello era il falso conforto che viene dall’arrendevolezza, di cui più volte la storia ci ha insegnato a diffidare. Qualcuno sostiene che se gli Stati Uniti, semplicemente, interrompessero i rapporti con Israele, tutti i nostri problemi in medio oriente scomparirebbero. E’ una tesi ormai logora, che casca nella propaganda dei nostri nemici e che l’America rifiuta nel modo più assoluto. La popolazione d’Israele può anche essere poco più di 7 milioni di persone, ma quando deve difendersi dal terrorismo e dal male, il vostro paese è forte di 307 milioni di persone, perché l’America vi è accanto. L’America è al vostro fianco per stroncare le reti dei terroristi e impedire ai nemici di trovare riparo. E’ al vostro fianco perché si oppone alle ambizioni militari nucleari dell’Iran. Permettere ai principali sostenitori mondiali del terrorismo di entrare in possesso delle armi più mortali che esistano rappresenterebbe un imperdonabile tradimento delle generazioni future. Se vuole la pace, il mondo non può permettere all’Iran di disporre di armi nucleari. Per avere la meglio in questa battaglia, dobbiamo offrire un’alternativa all’ideologia degli estremisti espandendo in altri luoghi la nostra visione della giustizia e della tolleranza, della libertà e della speranza. Questi valori sono ovviamente diritto di tutti, di tutte le religioni, in tutto il mondo, perché sono un dono di Dio onnipotente. Garantire questi diritti è il mondo migliore di salvaguardare la pace. Le società in cui i cittadini possono esprimere la propria coscienza e venerare il proprio Dio non esportano violenza, ma si uniscono per raggiungere la pace. Non c’è luogo al mondo dove tale opera sia più urgente che qui, in medio oriente. Dobbiamo stare al fianco dei riformatori che operano per rompere vecchi ordini fondati sulla tirannia e la disperazione. Dobbiamo dare voce ai milioni di persone normali che sognano una vita migliore nella pace. Dobbiamo opporci al relativismo morale che pensa che tutte le forme di governo siano ugualmente accettabili e così facendo consegna intere società alla schiavitù. Soprattutto, dobbiamo avere fede nei nostri valori e in noi stessi, e perseguire con fiducia l’espansione della libertà, lungo un cammino che porterà a un futuro di pace. Quel futuro sarà profondamente diverso dal medio oriente di oggi. Allora, mentre festeggiamo i 60 anni dalla fondazione di Israele, proviamo a immaginare come sarà questa regione del mondo da qui a 60 anni. E’ una visione che non si realizzerà facilmente, né con pochi sforzi, e troverà una violenta resistenza da parte dei nostri amici. Ma se noi persevereremo nella nostra determinazione e avremo fiducia nei nostri ideali, ecco il medio oriente di domani: Israele starà festeggiando i suoi 120 anni e sarà una delle grandi democrazie del mondo, patria sicura e fiorente del popolo ebreo. Il popolo palestinese avrà la patria che da tanto tempo sogna e merita: uno stato democratico in cui vige la legge, che rispetta i diritti umani e rifiuta il terrorismo. Dal Cairo a Riad, a Baghdad e Beirut, tutti vivranno in società libere e indipendenti, in cui il desiderio di pace sarà cementato dai legami della diplomazia, del turismo e del commercio. Iran e Siria saranno nazioni pacifiche, dove lo stato d’oppressione in cui oggi vive la popolazione sarà un ricordo lontano e tutti saranno liberi di dire ciò che pensano e sviluppare il proprio talento. Al Qaida, Hezbollah e Hamas saranno stati sconfitti e i musulmani di tutta la regione avranno compreso quanto sia vuoto di significato il progetto dei terroristi e quanto ingiusta la loro causa. Il che non significa che Israele e i suoi vicini saranno grandi amici. Ma quando i politici di tutta la regione saranno responsabili delle proprie azioni, concentreranno le loro energie sulla scuola e sul lavoro, non sugli attacchi missilistici e sugli attentati suicidi. Con questi cambiamenti, Israele aprirà un nuovo capitolo colmo di speranze, in cui il suo popolo potrà vivere una vita normale, e il sogno di Herzl e dei fondatori del 1948 potrà finalmente essere realizzato. Si tratta di un progetto audace, e qualcuno dirà che non sarà mai possibile tradurlo in realtà. Ma pensiamo a quanto abbiamo visto nel nostro tempo. Quando i piloti giapponesi si lanciavano in missioni suicide contro le navi americane, sembrava impossibile che 60 anni dopo il Giappone sarebbe stato una democrazia, un cardine della sicurezza in Asia e uno dei più stretti amici dell’America. E quando intere ondate di rifugiati giunsero qui nel deserto senza niente, circondati da eserciti ostili, era quasi inimmaginabile che Israele sarebbe diventato uno dei paesi più liberi e prosperi del mondo. Eppure ognuna di queste trasformazioni c’è stata davvero. Un futuro di trasformazioni è possibile anche per il medio oriente, a patto che nasca una uova generazione di guide politiche che abbia il coraggio di sconfiggere i nemici della libertà, di fare quelle scelte difficili necessarie per raggiungere la pace e di rimanere aggrappata alla roccia ferma dei valori universali. Sessanta anni fa, all’alba dell’indipendenza d’Israele, gli ultimi soldati inglesi in partenza da Gerusalemme si fermarono presso un edificio nel quartiere ebraico della Città Vecchia. Un ufficiale bussò alla porta e incontrò un importante rabbino; gli regalò una barra di ferro, la chiave delle porte di Sion, dicendo che era la prima volta in 18 secoli che la chiave delle porte di Gerusalemme apparteneva a un ebreo. Con le mani tremanti, il rabbino innalzò a Dio una preghiera di ringraziamento, perché “ci ha dato la vita e ci ha permesso di giungere a questo giorno”. Poi si rivolse all’ufficiale e pronunciò le parole che gli ebrei attendevano da lunghissimo tempo: “Accetto questa chiave nel nome del mio popolo”. Negli ultimi 60 anni, il popolo ebreo ha creato uno stato che avrebbe reso fiero quell’umile rabbino. Avete fatto crescere una società moderna nella terra promessa, una luce per le nazioni che custodisce l’eredità di Abramo, Isacco e Giacobbe. E avete costruito una democrazia forte, che durerà per sempre e che sempre potrà contare sul sostegno dell’America. Che Dio benedica Israele.

giovedì 8 maggio 2008

ilRiformista, che bella prima pagina!

Oggi mi sono svegliato presto.
Sono andato in edicola.

E anzichè prendere IlGiornale o il Foglio, ho preso il riformista per la prima volta.

Accidenti che bella prima pagina!


(oggi ilRiformista esce avvolto nella bandiera di Israele)

martedì 6 maggio 2008

Milano, Università Statale. No global contro la polizia ?

Oggi vicino all'università Statale di Milano è successa una cosa piuttosto strana.

Esco verso le 18.40 e vedo un auto in "borghese"che a sirene spiegate e velocemente va verso via Bergamini, (una traversa di via festa del Perdono, la via della Statale.) Vedo meglio e ci sono almeno altre 3 auto della polizia locale.
Sento dire "sono stati degli estremisti"
E giuro che la prima cosa che ho pensato era all'estrema destra, neonazisti o qualcosa del genere.

Chiedo in giro ad un po'di persone e la versione dei fatti è più o meno questa:

Alcuni ragazzi dei centri sociali stanno facendo un murales con la scritta "Ieri come oggi, FASCISTI ASSASSINI". Un negoziante chiama la polizia locale, ne arriva uno che dice di smetterla, poi circa 25-30 no-global:

a seconda delle versioni:

a) circondano il poliziotto
b) fanno "casino"

secondo una voce che girava lo avrebbero pestato

E dopo arrivano tutte le altre auto.

ma mi sembra molto poco probabile, anche perchè credo che il casino sarebbe stato maggiore, un TG ne avrebbe parlato. Niente ambulanza.
Però era troppa la polizia per un sempilce murales, magari hanno fatto paura al poliziotto e si temeva qualcosa di molto peggio. Però perchè 3 auto della locale e una "in borghese" con la sirena?
Ma sembra tutto molto strano.
Quello che è accaduto pare non avere senso.

Non mi è stato possibile informarmi meglio. Non ho chiesto alla polizia perchè non mi sembrava il caso.

Una riflessione, da ottobre alla Statale è il terzo atto di intolleranza/violenza riconducibile all'estrema sinistra.
(pestaggio a quelli di Azione Universiaria, idranti contro i volantini di CL, e ora questo)

Mi pare evidente, il fascismo sta a sinistra.

Il mio governo ideale

Presidente del consiglio : Silvio Berlusconi

Ministro dell'Interno: Roberto Castelli

Ministro degli Esteri: Fiamma Nirenstein

Ministro dell' Economia: Antonio Martino
Sottosegretario: Benedetto della Vedova
Sottosegretario: Oscar Giannino

Ministro delle Riforme: Roberto Calderoli

Ministro della Lotta agli sprechi e semplificazione amministrativa: Renato Brunetta

Ministro del Lavoro: Pietro Ichino

Ministro della Cultura :Marcello Pera
Sottosegretario: Giordano Bruno Guerri

Ministro della Difesa: Ignazio La Russa

Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca: Roberto Formigoni.

Ministro della Giustizia: Giulia Buongiorno

Ministro della Salute: Giuliano Ferrara

Ministro delle politiche per il mezzogiorno: Gianfranco Miccichè

Ministro delle Attività produttive : Claudio Scajola

Ministro delle Pari opportunità, politiche giovanili: Giorgia Meloni
Sottosegretario:
Souad Sbai

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Dittatore Supremo contro i rifiuti a Napoli: Silvio Berlusconi. (scherzo)
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Allora, chi mi vota?